VQ.it x CALIFORNICATION 25th ANNIVERSARY

INTRO

dal libro *An Oral Visual History* (2010)

CHAD SMITH
Californication era fantastico su molti livelli e per molte ragioni. Avere di nuovo John era una cosa grossa per noi. Ci sentivamo come se fossimo una nuova band. Molte persone ci avevano screditato – sono passati 6 anni, nessun chitarrista, e in che stato di forma si trova John? Non c’era alcuna atmosfera alla “Woo-hoo! John Frusciante è tornato, le vendite andranno di nuovo alle stelle!”, nessuna pressione – questa volta più che mai, non stavamo inseguendo nessun grande disco. Facciamo ancora quel che facciamo, ma se inizi a vendere 15 milioni di copie le persone si chiederanno cosa verrà dopo. Di nuovo, si trattava semplicemente di scrivere canzoni, come per Blood Sugar. Noi 4 in una stanza a fare un mucchio di canzoni veloci e semplici, è così che nascono i buoni album. La canzone più ostica fu Californication. Anthony aveva scritto il testo da tempo. Di solito noi scriviamo la musica e le melodie e lui ci scrive su, ma al tempo aveva viaggiato tanto e vide che il mondo si era “californizzato” – vide l’influenza globale che Hollywood ha sul mondo. Provammo a ricamarci sopra la musica, ma semplicemente non funzionava – niente funzionava finché non andammo in studio e un giorno John ne creò una parte. Le altre parti si incastrarono molto rapidamente dopo di essa – e il resto erano tutte queste altre canzoni che avevamo realizzato. Ne avevamo fatto delle demo a casa di Daniel Lanois, a Oxnard. Ne finimmo circa la metà, 10 o 11 canzoni, prima di rivedere [il produttore] Rick [Rubin]. Ma eravamo preparati, davvero preparati, e terminammo tutto molto velocemente. L’album fu ultimato in 6 settimane, o forse 2 mesi, qualcosa del genere. Fu un periodo divertente e fresco, avevamo tutti le batterie ricaricate ed eravamo eccitati dalla musica.

ANTHONY KIEDIS
Fu una grande confluenza di eventi essenziali, che ci permise di nuovo di esistere come band e di fare musica per nessun’altra ragione all’infuori dell’esprimere il nostro spirito creativo. Creò per noi uno spazio in cui lavorare senza alcun tipo di aspettativa. Ce la stavamo godendo. Stavamo ancora combattendo con i nostri personali demoni, io stavo ancora alternando momenti in cui ero pulito e momenti in cui facevo uso di droghe. Fare quel disco fu davvero l’esperienza di una vita. Chi l’avrebbe detto che sarebbe stato l’album più popolare della nostra carriera? Non era a questo che puntavamo. Stiamo attraversando un periodo caldo nel quale i dischi si vendono ancora come negli anni ’80 e ’90, anche se credo che uscì nel ’99. Parallel Universe era un ottimo esempio di gioia genuina per l’essere rinati.

FORNICATION

(Biografia, Jeff Apter, 2004)

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SCAR TISSUE

(Autobiografia, Anthony Kiedis, 2004)

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RHCP – THE STORIES BEHIND EVERY SONG

(Saggio, Rob Fitzpatrick, 2011)

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LA COPERTINA

La copertina dell’album Californication (1999) nasce da un sogno che fece JohnFrusciante, dove vide una pozza che conteneva il cielo e sopra c’era l’acqua. 🧡💙 L’autore della copertina, Lawrence Azerrad, ha preso lo schizzo del sogno di Frusciante interpretato da #AnthonyKiedis e ha utilizzato una foto tipo polaroid della piscina, che apparteneva a un amico d’infanzia di Lawrence, il quale ha affermato che: “John, Anthony e io abbiamo trasformato questo schizzo da sogno nella copertina di un album. La fotografa Sonya Farrell ha magistralmente inserito i componenti del film e da allora, molti fan dei #RedHotChiliPeppers hanno mantenuto viva la grafica di questo album e il sogno che c’è dietro.”

Fonte: ig laopzediapeppers

GALLERIA FOTOGRAFICA

(“An Oral Visual History” + “Me & My Friends”)

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ISTANTANEE DAL TOUR

Flea nel book Californication Program Tour

Ciao –
Quindi…eccoci di nuovo in tour, il sangue, il sudore, il sangue, il sudore, distesi e vulnerabili, spingendo, spingendo – è come partorire un fottuto bambino. L’anno scorso abbiamo portato il nostro Californication in tour per tutto il globo
Europa, Sud America, Giappone, Urano e adesso andiamo siamo qui, nel paese in cui siamo nati, e persino un figlio di puttana antipatriota come me avverte un senso di comfort, come un bambino che ciuccia latte da un paio di grossi e caldi seni, o un vecchio grizzly eremita che beve latte di capra annidato da qualche parte sulle montagne maestose…le aspirazioni che avevo quando mi innamorai della musica rock – essere figo come Pete Townsend – essere un musicista unico nel proprio genere – essere come un cane, onesto e leale verso ciò che amo e a mio agio con ciò che sono, sono racchiuse in questo infinito viaggio (la parte sul cane, non tanto la parte su Pete Townsend), è ciò che questo tour, questo show, questa città rappresentano per me, una nuova chance per essere un cane. Quando vorrei crollare perchè il dolore diventa troppo forte e mi sento incapace di sopportarlo, so che queste sono le cose che possono guarirmi dall’interno e condurmi nel miglior posto in cui potrei essere, e sono (siamo) così grati di poter suonare per tutti voi e di avere l’opportunità di raggiungere un ritmo fluttuante che ci connette con qualcosa di inimmaginabilmente più grande di qualunque cosa tangibile. Dai tutto, non aspettarti nulla, l’amore è tutto. Grazie per essere venuti a vederci.
FLEA

I RICORDI DI CHI HA VISSUTO L’ALBUM ….

di Miriam Mechelli, Staff VQ.it

Questa è l’immagine che in un attimo mi riporta al giugno del 1999, anno di uscita di Californication.

Quattro uomini feriti su di una macchina distrutta, e la melodia di Scar Tissue.

Scar Tissue, cicatrice…uno di quei 4 uomini ha le braccia fasciate, ma in quel momento non sapevo chi fosse, né perché.

Ero una normale 19enne italiana di una piccola città della provincia toscana, ma le note ed il testo di quella canzone mi colpirono con una forza che ad oggi non so spiegare.

Il gruppo si chiamava Red Hot Chili Peppers, ed i VJ di MTV su cui passava il video erano molto entusiasti del ritorno nel gruppo del chitarrista John Frusciante.

Quindi adesso sapevo che quella chitarra meravigliosa che sentivo struggente in sottofondo era la sua.

Da quel momento è iniziata una storia d’amore che non si è mai interrotta per tutti questi anni, e che mi portò ad iscrivermi al loro fan club, Rockinfreakapotamus, gestito da Blackie Dammett, il padre del cantante.

Di quegli anni bellissimi, oltre a ricordi e fotografie, conservo una bandana bianca con il logo della band che lo stesso Blackie mi regalò per avergli inviato una copia della versione italiana di Vogue Uomo in cui c’era Anthony in copertina, perché lui e Peggy collezionavano tutto ciò che pubblicavano sul figlio.

Purtroppo, a causa del trasloco di 10 anni fa alcune delle memorabilia che avevo sono andate perse in qualche scatola misteriosa, e con esse, la tessera del fan club e molte delle foto che avevo e che Blackie mi mandava generosamente, soprattutto di John!