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Kiedis a NME.com: «Il più grande evento è stato il ritorno di John Frusciante»

Abbiamo tradotto in esclusiva per voi l’intervista alla band pubblicata su NME.com il 4 Febbraio 2022 in occasione del rilascio del nuovo singolo “Black Summer”

«Tornare in studio, suonare, lasciando che le cose prendano forma… è stato eccitante.»

Flea a NME.com

Anthony Kiedis e Flea hanno parlato del ritorno di John Frusciante nei Red Hot Chili Peppers, prima dell’album ‘Unlimited Love‘ in uscita il prossimo 1° Aprile 2022.

Parlando per NME.com in un’intervista esclusiva fotografata dal regista vincitore del premio Oscar Gus Van Sant, la band ha parlato del nuovo album e come il ricongiungimento con Frusciante li abbia «stimolati a vicenda positivamente».

«Sinceramente, il più grande evento è stato il ritorno di John Frusciante nella band. è stato il più profondo cambiamento nelle nostre vite. E Dio mio, ero pronto per qualsiasi cosa.»

Anthony Kiedis a NME.com
Foto di Gus Van Sant per NME.com

Il chitarrista ha caratterizzato la sua carriera con entrate ed uscite dalla band, cominciate da fine anni ’80. La sua ultima apparizione fu nel 2006, con ‘Stadium Arcadium‘, album da 7 milioni di copie. L’ex sostituto Josh Klinghoffer ha preso il posto di John Frusciante nel 2009, ed appare in ‘I’m With You‘ (2011) e in ‘The Getaway’ (2016).

Durante la lavorazione del nuovo disco ‘Unlimited Love‘, Kiedis e Flea hanno realizzato che qualcosa mancava.

«Procedeva lentamente e senza una reale spinta decisa. Senza una direzione chiara». Afferma Kiedis. «In seguito, io e Flea, siamo arrivati indipendentemente allo stesso sentire condiviso, che dentro noi diceva: ‘Sarebbe bello coinvolgere John in questo processo in qualche modo.’ Molto tempo era passato e lui, dopo essersi preso i suoi spazi, era tornato a frequentare nuovamente la nostra cerchia». E Kiedis ha ragione: alla fine del 2019, il notoriamente privato Frusciante stava uscendo un po’ di più. Era in contatto con Flea – furono anche visti insieme ad una partita di basket. Eppure, la sua riemersione non è mai stata data per scontata. Aveva trascorso l’ultima decade a comporre per lo più musica elettronica. Si ricordava ancora come essere un Red Hot Chili Pepper?

«Sembrava che il ritorno fosse nell’aria», dice oggi Frusciante, in videochiamata dalla sua ‘music room’ di casa a LA. È completamente sdraiato su una poltrona pieghevole, mentre dei cavi strisciano intorno a lui nei tanti pezzi tecnologici con cui ha armeggiato. Il suo gatto, un ragamuffin con la faccia schiacciata di nome Francis, compare regolarmente nell’inquadratura. John dei quattro è sempre stato il più timido davanti ai media – un uomo gentile e tranquillo che si trasforma quando ha una sei-corde tra le mani – quindi è rassicurante vederlo così rilassato.

«Flea mi mise quest’idea in testa, ed ero seduto qui con la chitarra, a riflettere sul fatto che non scrivevo della musica rock da tanto tempo. Potevo ancora farlo?»

John Frusciante a NME.com

Non avrebbe dovuto preoccuparsi. La canzone che scrisse quel giorno era talmente buona da diventare il primo singolo della band da 5 anni a questa parte. “Black Summer”, uscita oggi (il 4 Febbraio 2022: leggi QUI la nostra news e clicca QUI per vedere il videoclip, nde), comincia con poche battute di semplici e dolorosi lick di chitarra, prima che il liscio baritono del frontman Anthony Kiedis prenda il sopravvento. «The archer’s on the run / And no one stands alone behind the sun», canticchia malinconicamente, finché uno scricchiolante riff non dà il via all’euforico ritornello della traccia. Frusciante segue con uno stridulo assolo che senza dubbio piacerà ai fan, una porzione dei quali sperava in un suo eventuale ritorno.

Un frame dal videoclip di “Black Summer”, diretto dalla regista Deborah Chow

Ovviamente, un altro peperoncino in pentola vuol dire meno spazio per gli altri – e la band era dispiaciuta di dover lasciar andare Klinghoffer. «È stato un grande scossone per noi separarci da Josh», dice Flea, con un sopracciglio aggrottato dietro un paio di giganteschi occhiali da aviatore. «È stato con noi per 10 anni, una cosa emotivamente difficile da fare. Non era solo un grande musicista, ma anche un compagno di squadra premuroso e di supporto – una persona di mentalità comune, gentile e intelligente. Ma da un punto di vista artistico, in termini di capacità di parlare lo stesso linguaggio musicale, era più facile lavorare con John. Tornare in una stanza, iniziare a suonare e lasciare che le cose prendessero la loro strada…è stato eccitante».

C’era ancora un altro uomo chiave da arruolare, però. Il super-produttore Rick Rubin ha collaborato con chiunque, da Kanye West a Lady Gaga, ma il suo successo commerciale più consistente è arrivato probabilmente grazie ai Chilis. Dietro le quinte di tutti gli album tranne uno da ‘Blood Sugar Sex Magik’ del 1991, Rubin è per Anthony, Flea, John e il batterista Chad Smith ciò che George Martin era per John, Paul, George e Ringo.

Rick Rubin, produttore di tutti gli album dei RHCP da Blood Sugar Sex Magik (1991) fino ad ‘I’m With You’ (2011). Dopo aver lasciato il posto a Danger Mouse nel 2016 per ‘The Getaway’ , il guru dei produttori sarà nuovamente al fianco dei Peppers per ‘Unlimited Love’, il nuovo album in uscita il 1° Aprile 2022.

«Riportare indietro Rick fu una scelta ovvia», dice Kiedis, nonostante un soggiorno con Danger Mouse (che ha prodotto ‘25’ di Adele e ‘El Camino’ dei Black Keys) per il solo album ‘The Getaway’. La presenza di Rubin è cucita sulla tappezzeria della band, essendo stato presente in quasi tutta la loro musica più memorabile. Infatti, egli è così affezionato al gruppo che vedere Frusciante tornare fra loro è stato troppo per lui.

«Venni invitato alla prima prova dopo il ritorno di John e mi venne da piangere» ha detto di recente Rubin al wrestler professionista Chris Jericho nel suo podcast ‘This Is Jericho’.

«Era così entusiasmante vedere quelle persone di nuovo riunite perché loro hanno fatto grande musica per molto tempo e ciò mi ha colpito a livello emotivo.»

Rick Rubin in una recente intervista al wrestler professionista Chris Jericho nel suo podcast ‘This Is Jericho’

Sfortunatamente, appena iniziate quelle sessioni magiche, dovettero fermarsi. Erano gli inizi del 2020 e il COVID-19 imperversava in tutto il pianeta. Rinchiusi nelle rispettive residenze sulla West Coast, ognuno dei Peppers si è dunque preso il tempo di scrivere delle melodie. Quando finalmente è arrivato il momento di iniziare.

Quando finalmente è arrivato il momento di iniziare a registrare – un anno dopo, nel leggendario studio Shangri-La di Rubin a Malibu – avevano più di 100 canzoni nuove di zecca da cui attingere.

I brani contenuti in ‘Unlimited Love’ sono tra i migliori che la band abbia mai scritto. C’è la jam soul di “She’s A Lover”, il bop jazz di “Aquatic Mouth Dance”, il surf-rock distorto di “White Braids and Pillow Chair” e la partenza a fuoco lento di “Veronica”, che nasconde un outro epico in debito con “Happiness Is A Warm Gun” dei Beatles. Vocalmente, Kiedis non è mai stato meglio di quando accoppia dei potenti ganci pop con un ringhiante punk gutturale in “Bastards Of Light”. Sa tutto di rinascita istantanea.

Foto di Gus Van Sant per NME.com

«Ci sentiamo freschi come una nuova band», conferma Frusciante, che va avanti a spiegare come un cambiamento della mentalità collettiva abbia contribuito a fomentare la creatività. «Ci ho messo dentro molto meno ego rispetto al passato e penso che valga lo stesso anche per gli altri. Non si trattava tanto di competizione, quanto piuttosto di voler veramente dare una parte di noi stessi al prossimo e di ascoltare con entusiasmo ciò che gli altri proponevano. Talvolta in passato, come in ‘By The Way’ per esempio, o in ‘Mother’s Milk’ [l’album del 1989, ndr], ciascuno di noi si sarebbe sentito soffocato dagli altri».

«Stavolta invece c’era la sensazione che ognuno si interessasse agli altri e fosse genuinamente eccitato al pensiero che tutti fossero la miglior versione di se stessi.»

John Frusciante a NME.com

Kiedis è d’accordo: «La dinamica era molto sana, produttiva e creativa. A volte possiamo essere un po’ troppo competitivi e questo può portarci alla discordia, ma stavolta ci siamo davvero incoraggiati l’un l’altro in maniera positiva».
In giugno il quartetto si imbarcherà in una serie di date che includeranno il loro primo tour negli stadi degli Stati Uniti. Hanno già suonato in posti grandi inclusi gli stadi, e anche tre sold-out all’ Hyde Park. È stata un’idea di Flea, apparentemente, e finalmente è riuscito a convincere Kiedis che avrebbe funzionato. «Sono posti complicati da riempire con nella maniera in cui vogliamo, ma volevamo fare qualcosa che non avessimo mai fatto. Quindi cercheremo di costruire un palco bellissimo, adatto per questi ambienti così grandi».

Foto di Gus Van Sant per NME.com

Cercando ispirazioni, Kiedis nomina il baffuto Freddie Mercury come qualcuno da studiare. Dopotutto il successo che avevano i Queen nello spazzar via delle folle mostruose è inarrivabile. Entrambe le band hanno anche storie simili di feste da backstage: nella sua autobiografia del 2004 ‘Scar Tissue’, Anthony ricorda di essere stato presente ad una faida tra ubriachi della crew di Ice Cube e la band shoegaze scozzese dei Jesus and Mary Chain, mentre invece Freddie era noto per servire vassoi di cocaina alle feste. La vita in tour è un po’ più tranquilla adesso: la band preferisce una situazione rilassata. «Non siamo più dei polletti giovani» scherza il batterista Chad Smith. «Ognuno ha il proprio camerino e abbiamo una zona in comune in cui stiamo insieme, 30 anni fa era caotico, ma adesso ci beviamo un the leggiamo il giornale». Chad può essere contento di rilassarsi ma il suo cantate non sembra pensarla alla stessa maniera.

Nella nuova canzone ‘One Way Traffic’ un boogie energetico con un groove Hip Hop, inveisce contro il “maturare” e diventare “un po’ noiosi”:

«Friends got married, had them dogs
Now they read those catalogues
This commerce makes me nauseous
When did life get so damn cautious?»

Qualche verso del testo di “One Way Traffic”, uno dei 17 brani contenunti in ‘Unlimited Love’

Questa può essere una reazione per il raggiungimento dei 60?
«60 non significa un cavolo per me» dice, mettendo immediatamente fine alla questione. «Non do molta importanza o peso ai compleanni, traguardi, numeri tondi, numeri dispari e numeri pari». Dopo quasi quattro decadi nel business, i ragazzi hanno vissuto una giusta dose di esaltazione, adrenalina e anche una grave perdita. Il chitarrista cofondatore Hillel Slovak, che Kiedis conosceva fin dalle Superiori, morì tragicamente nel 1988 per una overdose di eroina (fu sostituito da Frusciante). I quattro fondatori avevano appena iniziato a costruire una solida fanbase grazie al loro terzo disco
The Uplif Mofo Party Plan‘ che li vide debuttare nella classifica degli album più venduti di Billboard. L’arrivo del sessantesimo compleanno di Slovak ha fatto sì che la sua presenza fosse più sentita durante le prove?

I Red Hot Chili Peppers nella loro formazione originale.
Da sinistra a destra: Jack Irons (batteria), Anthony Kiedis (voce), Flea (basso), Hillel Slovak (chitarra)

«L’energia di Hillel Slovak non si è mai completamente spenta» dice Kiedis mentre cerca le parole prima di ricordare uno dei suoi rimpianti più grandi, verso la fine del 1983, quando i Chili erano ancora dei giovani vestiti strani e con poche prospettive. Slovak e il batterista Jack Irons lasciarono il gruppo per un breve periodo per concentrarsi sugli What Is This? che avevano già un contratto discografico.
«Avrei voluto che Hillel non fosse mancato alla prima registrazione [l’omonimo debutto ‘The Red Hot Chili Peppers’, ndr) quell’anno» ricorda Kiedis.

«Abbiamo fatto alcune esibizioni in televisione nel 1984 e adesso le guardo e penso ‘Dannazione, vorrei che Hillel ci fosse stato.’ Era un creatore della band, era una sua bambina. In ogni modo è andata come è andata ma Hillel è ancora nei nostri cuori che siano 30, 40, 50, 60 o anche 100 anni.»

Anthony Kiedis a NME.com

Caspita! Anthony pensa di darsi una calmata da pensionato?
«Non passo molto tempo ad immaginare il futuro, so cosa abbiamo da fare oggi. Dobbiamo diventare molto bravi nel suonare queste canzoni live e poi dipende dalla salute emotiva della band. Il tour è un grande test di sopravvivenza e vedremo cosa succederà. Sono sempre ottimista e non vedo motivi per smettere di fare ciò che facciamo».
Quindi cosa ci sarà dopo ‘Unlimited Love’ e il tour intorno al globo? Non un’altra attesa di sei anni per avere nuova musica?
«Oh no» dice Kiedis, con l’aria di chi ha delle buone notizie da dare.

«Rilasceremo musica a profusione, letteralmente. Non sorprendetevi se un’altra carrellata di canzoni dovesse arrivare nel prossimo futuro. Abbiamo un sacco di roba da far ascoltare alle persone.»

Anthony Kiedis a NME.com

Lo stuzzichiamo per avere altri dettagli, ma Kiedis rifiuta di rispondere. La band ha già subito fughe di notizie in passato, quindi non deve sorprendere che voglia tenere la bocca chiusa.

Foto di Gus Van Sant per NME.com

Frusciante invece è più disposto ad esporsi. Dice che c’è un «piano libero» per un secondo album dopo ‘Unlimited Love’ – e che la band «ha registrato quasi 50 brani» durante le sessioni con Rubin: «Di certo c’è un bel po’ di materiale che ci piace». Ancor più eccitato, aggiunge che quest’altro progetto «ha un’energia rilassata ben distinta dall’intensità del disco che abbiamo appena fatto».

Se davvero stiamo per entrare in una nuova, prolifica fase della band, ebbene ‘Unlimited Love’ è l’album perfetto per inaugurarla. Fresco, coraggioso e ovviamente funky, ogni fibra dei Red Hot Chili Peppers scorre nel suo DNA, oltre a una tensione bonus in John Frusciante. È una buona cosa che non siano più una banda di biker, perché gli indistruttibili della California non se ne andranno tanto presto. Hanno ancora molto da fare.