Ecco a voi la traduzione esclusiva dell’articolo e dell’intervista alla band sull’edizione di aprile della rivista Classic Rock
La conversazione è avvenuta verso la fine del 2019. Flea, il bassista dei Red Hot Chili Peppers stava passando del tempo insieme al suo ex collega John Frusciante, il chitarrista figliol prodigo che dieci anni prima aveva lasciato il gruppo per la seconda volta. L’addio di Frusciante è stato sicuramente doloroso ma anche necessario per entrambi e i due erano rimasti sporadicamente in contatto. «Stavamo solo cazzeggiando, parlando e mangiando» racconta Flea di quella sera.
«Non avevamo mai davvero parlato molto di quello (l’abbandono di John). Ad un tratto mia moglie e la sua fidanzata erano in un’altra stanza e noi eravamo seduti da soli e io ho detto: “John, a volte mi manca così tanto suonare con te”. Ed ho iniziato a piangere quando l’ho detto e lui mi ha guardato e ho visto che aveva le lacrime agli occhi e ha detto: “Manca anche a me”. C’è stato solo questo momento ma lì ho pensato ‘Cavolo, sai che…’»
Flea sull’idea di far tornare John Frusciante nella band
Questo è stato il punto di svolta. A fine anno John Frusciante, il chitarrista che ha suonato negli album più famosi dei Chili Peppers, era nel gruppo per la terza volta, sostituendo il suo sostituto Josh Klinghoffer. «Se un famigliare con cui non hai contatti torna da te chiedendoti: “Hey, posso far di nuovo parte della famiglia?”, tu non hai scelta, non puoi dirgli di no».
È l’inizio del 2022 e i ricostituiti Red Hot Chili Peppers si stanno preparando alla pubblicazione del loro dodicesimo album, Unlimited Love. È un titolo perfetto per i Chili Peppers, in parte perché emana esattamente il tipo di vibrazioni che coltivano da molto tempo e in parte perché sembra essere riferito alla Love Unlimited, l’orchestra che accompagnava Barry White negli anni ’70.
«Non è vero», dice Kiedis a proposito dell’ultima cosa. Dice che sono le parole di una nuova canzone, She’s A Lover, che il produttore Rick Rubin ha scelto. «Ho cercato di combattere questa decisione, perché mi piacevano altri titoli. Ma questo è stato il più votato dalla maggioranza e quindi va bene, io credo nel gruppo».
Quando chiedo a Frusciante perché se ne andò la seconda volta, lui esita prima di rispondere. La sua risposta, quando arriva, è onesta ma diplomatica. Durante la notte, tuttavia, ricevo un’email in cui mi chiede se può chiarire alcuni punti.
La sua risposta seguente è lunga e dettagliata, ma anche lucida e, se possibile, ancor più rivelatrice di quella originale. In essa, parla di come è diventato «mentalmente squilibrato negli ultimi anni in cui andammo in tour», a causa anche, spiega, dello sforzo richiesto nel mixare Stadium Arcadium.
«Quando andai in tour, avevamo finito di masterizzare appena il giorno prima e avevo davvero bisogno di una pausa»
John Frusciante sul suo secondo abbandono
In un altro punto scrive del suo interesse per l’occulto. «Mentre il tour procedeva, mi addentrai profondamente nell’occulto, che divenne un modo per evadere dalla mentalità della vita da tour. L’occulto tende a ingrandire qualunque cosa tu sia, ed io ero un disastro squilibrato».
Quando il tour finì, dice, realizzò che doveva «semplificare il mio rapporto con la vita e con la musica. Il mio ego era diventato una parte troppo grande di ciò che esprimevo come chitarrista». Cominciò quindi a immergersi nel comporre e suonare musica elettronica, per «ricominciare da capo».
L’impressione è quella di un uomo che soffriva la pressione delle responsabilità – verso i suoi compagni di band, verso i fan, ma soprattutto verso se stesso. «Ovviamente c’erano problemi interpersonali all’interno del gruppo», conclude, «ma quelli si sarebbero potuti risolvere facilmente, se io non fossi stato completamente esaurito e sbilanciato».
Il resto della band non fu sorpreso quando lui li informò di voler abbandonare.
«John era assolutamente convinto di non voler più fare questo genere di cose», dice Kiedis. «Perciò, quando lo disse a Flea e a me, non ci fu neanche un momento in cui ce ne uscimmo con robe tipo “andiamo, possiamo sistemare tutto”. Gli dicemmo “ti capiamo, è evidente che non è ciò che vuoi fare”».
«Direi che ‘sollievo’ è probabilmente la parola che meglio descriveva quella situazione per tutti noi, John incluso»
Anthony Kiedis sulla seconda separazione da Frusciante
A differenza della dura salita che dovettero affrontare per rimpiazzare Frusciante al suo primo abbandono, stavolta i Chilis avevano un sostituto già pronto in Josh Klinghoffer.
Di quasi due decenni più giovane del resto del gruppo, aveva lavorato come tecnico della chitarra di Frusciante e suonato come musicista di supporto in Stadium Arcadium, oltre a comparire in diversi album da solista che Frusciante pubblicò durante la sua seconda esperienza nella band.
I due album che i Chili Peppers hanno fatto con Klinghoffer – I’m With You e The Getaway – hanno tenuto in piedi la loro vena creativa. Ma quando iniziarono a lavorare sul materiale per il loro undicesimo album, sentirono che qualcosa non andava. I pezzi non si incastravano come avrebbero dovuto. Fu allora che Flea disse a Kiedis di aver parlato con Frusciante, e che credeva che il chitarrista potesse essere pronto a diventare, ancora una volta, un Red Hot Chili Pepper.
«Devo dirti una cosa che ho in mente. Riguarda John…».
La conversazione tra Flea e Kiedis avvenuta verso la fine del 2019 fu il punto di svolta che avrebbe condotto i Chilis dove si trovano oggi.
«Si trattò di un bizzarro momento in cui John, che si era separato dai Red Hot Chili Peppers da molto tempo e si trovava là fuori da qualche parte nel suo mondo, aveva avuto lo stesso pensiero mio e di Flea, allo stesso tempo»
Anthony sull’idea condivisa del ritorno di John
Non fu però un gioco da ragazzi: c’erano una serie di emozioni complesse coinvolte ed un grosso bagaglio storico da elaborare. Frusciante aveva trascorso l’ultimo decennio dedicandosi alla musica elettronica. «Tutto ciò che volevo fare era comporre musica su delle macchine con cui potevo fare tutto da solo, senza litigare con qualcuno», dice. Si esercitava ancora con la chitarra, assicura, ma non scriveva una vera canzone rock da anni e si domandava se poteva ancora farlo (a quanto pare poteva: la prima canzone che propose fu il confusamente potente primo singolo dell’album Unlimited Love, Black Summer).
C’era anche da risolvere la questione con Klinghoffer. Flea lo invitò a casa sua per un incontro di gruppo, dove gli fu detto che Frusciante stava tornando. «Schiantai la mia auto in garage, ero nervosissimo», dice Flea sull’incontro.
«Sai, Josh è una persona favolosa. Mi ha aiutato a livello personale, come qualcuno da cui potevo andare quando ero ferito e piangevo mentre ero sulla strada. Lui suonava alla grande, ha dato il suo contributo ed è una bella persona. Ma con John avevamo un linguaggio che abbiamo sviluppato assieme sin da quando eravamo giovani»
Flea sul rapporto con Josh e con John
Di seguito, Klinghoffer rivelò che il suo licenziamento lo percepì «come una morte», sebbene ora sembri non esserci più cattivo sangue. Kiedis è rimasto in contatto con lui dopo la sua partenza e Chad Smith suona con Klinghoffer nella band solista di Eddie Vedder. Lui suona anche come chitarrista turnista con i Pearl Jam (una band che amava sopra ogni cosa, secondo Kiedis). Se pur non è stata una cosa da poco, le cose si sono succedute rapidamente.
Frusciante prese un paio di settimane per pensare se questo fosse davvero quello che desiderava. Decise che era così (anche con alcune condizioni che non ha intenzione di divulgare). Propose di riavvicinarsi musicalmente di nuovo facendo jam sulle vecchie canzoni dei Peppers risalenti al suo arrivo e a quello di Chad Smith nella band. Fecero anche cover di alcuni vecchi blues man come Freddie King e John Mayall, pezzi classici dei The Kinks, dei Beach Boys ed anche dei Bee Gees. «Pensavo non sarebbe stato il massimo metterci a scrivere a freddo, dopo non aver suonato assieme per dieci anni», dice Frusciante ora.
La pandemia si è rivelata provvidenziale, permettendo alla band molto più tempo e privacy rispetto alla norma per lavorare su Unlimited Love, prodotto da Rick Rubin, che torna nel Team RHCP dopo esserne uscito con The Getaway. Come tutti i loro migliori lavori, il risultato è un disco riconoscibile come Peppers, ma che suona come nulla fatto prima. Anche – e soprattutto – tra quelli fatti con John Frusciante.
«John Frusciante è il miglior musicista con cui abbia mai suonato. È visibile ovunque, dai piccoli dettagli al quadro completo. Il suo rapporto con la musica è così puro, ha così tanta integrità, conoscenza, lavoro e pratica. Ogni nota che suona nasce da questo cuore immenso. È così bello»
Flea su John Frusciante
Glielo ha detto? «Cazzo, no» sbuffa Flea. «Non gli dico questo».
E quindi, ci risiamo ancora. Il perpetuo complesso sistema che sono i Red Hot Chili Peppers è di nuovo in moto. Come nel 1999, sembra nuovamente completo. Di certo, c’è un elefante nella stanza. Frusciante ha già lasciato la band due volte. Può sembrare un po’ inappropriato ma va chiesto: sono preoccupati che possa accedere una terza volta?
No, non è qualcosa che gli passa per la mente, afferma Kiedis.
No, ribadisce Flea, loro vivono il momento, sono grandiosi, perché dovrebbero considerare ciò?
Ancora una volta, Frusciante prende il suo tempo per rispondere alla domanda, in seguito risponde via mail in modo più profondo. «Non c’è modo di vedere il futuro», conclude, prima di averci spiegato che nessuno ha chiesto alcuna garanzia quando è tornato. Di sicuro, aggiunge, «se le cose diventano tossiche e nocive e non vi è modo di migliorarle», probabilmente lascerebbe – nessuno vuole far fare cose che altri non desiderano.
E poi arriva al nocciolo della relazione, non solo tra i Peppers e Frusciante, ma anche tra i Chilis e gli altri.
«Il bello di suonare con questa band è che noi davvero amiamo ascoltarci a vicenda. Amo il modo in cui loro mi fanno suonare. Abbiamo reazioni chimiche l’uno con l’altro. Portiamo fuori cose dall’altro che non riusciamo a fare su noi stessi. Il mio modo di suonare la chitarra con loro è uno stile che non ho quando suono da solo. La possibilità di aver fatto un disco del genere ha significato tutto per me. Siamo tutti grati che questo stia avvenendo ora. I nostri cuori sono dentro di esso, e va bene così»
John sul nuovo album e sull’essere membro dei Red Hot Chili Peppers
Bonus: Il ritorno di Rick
«Quando Flea, John e Chad sono assieme in una stanza suonando assieme, c’è una sensazione trascendente. Poi, quando Anthony canta, diventano i Peppers»
Rick Rubin sulla band
Il produttore di Unlimited Love Rick Rubin parla a Classic Rock della band con cui ha lavorato dentro e fuori (più dentro) dal 1991.
«La loro capacità di canalizzare i picchi musicali su una base semplice è qualcosa di ultraterreno, davvero un caso in cui gli ingredienti confluiscono in qualcosa che va oltre la somma dei singoli. E le parti sono buone così come vengono».
Frusciante non è il solo ad essere tornano nei Chili Peppers per Unlimited Love. L’altro è Rubin, che ha ceduto la produzione a Danger Mouse per il precedente album dei Peppers The Getaway del 2016, richiesto fortemente dall’allora chitarrista Josh Klinghoffer. «Rick è un membro della famiglia», dice Anthony Kiedis. «Non sapevo quanto mi sarebbe mancato finché non abbiamo deciso di fare un disco senza di lui. Mancava come forza energetica, dinamica e misteriosa».
Rubin era un produttore di successo già prima di incontrare i Peppers, avendo lavorato con artisti come Run DMC, Slayer, The Cult e – primi fra tutti – i Beastie Boys, il cui album di debutto Licensed to III ha venduto oltre 10 milioni di copie. Anche Blood Sugar Sex Magik si rivelo un’esperienza fruttuosa reciproca, lanciando nella stratosfera la carriera dei Peppers e rendendo ufficialmente Rubin uno dei guru del suono dell’era moderna.
«Nessuno sa ascoltare come ascolta lui», afferma Kiedis. «Lui si sedeva, lasciava che noi suonassimo tutta questa musica, ascoltava, sorrideva e ballava in giro. Per noi era tipo: “Ok, siamo tornati. Adesso abbiamo la forza di Rick Rubin nel nostro gruppo”».